Tuesday, March 2, 2021

Giancarlo Schiaffini | Sergio Armaroli - Decontructing Monk in Africa (2021 Dodicilune / Ird)

Giancarlo Schiaffini (trombone) e Sergio Armaroli (balafon cromatico, water drum, calebasse, talking drum, mbira, shaker, bull-roarer, percussion), collaboratori di lunga data, propongono una suite di quasi un'ora nella quale l’improvvisazione, della quale sono autentici maestri, fa da raccordo tra Thelonious Monk, l’Africa e la musica contemporanea europea.

«Da Monk - che Schiaffini nel corso della sua carriera ha interpretato nei modi più diversi, dei quali qui si ritrova qualche memoria - i due hanno ripreso una decina di blues, usandoli soprattutto come pretesti, ispirazioni ideali di un percorso musicale tutto loro; dall’Africa hanno tratto alcuni ritmi e molteplici tipi di strumenti perlopiù percussivi (balafon, tam buri vari, mbira), utilizzati però in modo tutt’altro che africano, con sonorità nitide», sottolinea Neri Pollastri. «La componente contemporanea sta nel progetto stesso, trasversale e di ricerca, ma si fa palese nella base registrata che funge da terza voce, alternando suoni elettronici, canti, estratti di composizioni, altre percussioni che dialogano con quelle dal vivo. Il tutto, appunto, è legato dall’improvvisazione, che i due sviluppano dialogando sulle basi e lasciandosi trasportare dalla libera - talvolta liberissima - interpretazione dei temi monkiani. L’esito è sorprendente: una suite di quasi un’ora, nel corso della quale - quasi senza soluzioni di continuità - vengono inanellati temi come Straight No Chaser e Blue Monk, Misterioso e Something in Blue. Monk appare - citato ora dai toni acuti dalle percussioni, ora da quelli scuri del trombone - per poi scomparire: trasfigurato dai suoni registrati che, senza essere mai invadenti, lo trasportano in luoghi on irici, talvolta in un’Africa immaginaria, talaltra in spazi siderali evocati dall’elettronica; oppure assorbito dalle improvvisazioni del trombone, il cui canto borbottante è a sua volta in magico equilibrio tra l’Africa e la Mitteleuropa», prosegue il critico musicale. «Un Monk e un’Africa singolari, quindi: all’inizio spiazzanti, poi via via sempre più in sintonia tra loro; a momenti ipnotici, in virtù del reiterarsi dei temi e della voce meditativa del trombone; in altri invece rasserenanti, per la nitidezza dei timbri e degli impasti; comunque sempre spontanei, quanto lo è il dialogo che intrattengono il trombone e le percussioni - o, meglio, Schiaffini e Armaroli - quasi fossero vecchi amici che d’Africa e di Monk parlino assieme, con chiarezza e profondità. Ascoltarli è una gioia».

«La musica africana, oltre ai noti elementi ritmici, ha con il jazz altre caratteristiche comuni, come l'aspetto decisamente responsoriale e una certa ripetitività», scrivono i due compositori e musicisti nelle note di copertina. «Di Monk abbiamo voluto scegliere i Blues, curiosamente tutti nella tonalità di Si bemolle, spesso formati di un nucleo tematico semplice, con ampi spazi di respiro tipici del carattere africano del Jazz», proseguono Schiaffini e Armaroli. «Una semplicità che a volte sconfina in un primigenio minimalismo che mai si riduce a una semplice ripetitività. Abbiamo scelto un organico strumentale falsamente etnico (balafon, mbira, talking drum e altro) in dialogo con il trombone, cercando un senso a questo divagare tra paesaggi sonori primari e motivi melodici segreti. Il lavoro improvvisativo si dipana quindi come una terza via fra i temi monkiani, quasi mai citati direttamente, e il flusso acusmatico preregistrato».


1. Deconstructing Monk in Africa


Giancarlo Schiaffini: trombone

Sergio Armaroli: vibraphone, balafon, water drum, idiophone, talking drum, mbira, shakers, bullroarer, percussion